L’Italia continua ad aumentare il numero degli occupati, ma senza generare una ricchezza proporzionata. Un paradosso che emerge con forza dal Rapporto annuale Istat 2024 e che rappresenta uno dei principali ostacoli strutturali alla crescita economica del Paese. Al centro di questa criticità c’è un problema noto ma troppo spesso ignorato: il deficit di produttività.

La produttività, grande assente nel dibattito pubblico

Sebbene raramente citata nel discorso pubblico, la produttività è il vero motore di ogni sistema economico: è ciò che determina la capacità di creare valore, aumentare i salari reali e sostenere il benessere collettivo. Ed è proprio su questo terreno che l’Italia mostra una delle sue debolezze più profonde.

Un quadro allarmante

Nel 2023, la produttività per ora lavorata è diminuita dell’1,4%, mentre quella per occupato ha registrato un calo dello 0,9%. Un dato che riflette la crescita dell’occupazione nei settori a basso valore aggiunto, spesso caratterizzati da orari più brevi: il tempo medio di lavoro per addetto si è ridotto del 6,5%.

Il vero campanello d’allarme, però, suona guardando al lungo periodo: tra il 2000 e il 2024, il PIL per ora lavorata in Italia è aumentato solo dello 0,7%. Una performance deludente, soprattutto se confrontata con quella dei principali partner europei.

Le cause strutturali del ritardo

Questi dati non raccontano una mancanza di impegno, ma mettono in luce le difficoltà del sistema italiano nell’innovare, automatizzare e sfruttare appieno gli investimenti tecnologici.
Le principali criticità includono:

  • La frammentazione del tessuto produttivo: la piccola dimensione media delle imprese limita la capacità di investimento, in particolare in tecnologia e competenze.
  • Una distribuzione dell’occupazione sbilanciata: crescono i settori meno produttivi (costruzioni, turismo, servizi alla persona), mentre arretra l’industria, con un calo della produzione del 4% nel 2024 (quasi il doppio rispetto alla media UE, -2,4%).

Alta tecnologia e valore aggiunto: un binomio ancora troppo raro

I settori ad alta tecnologia, vero traino della produttività nei Paesi avanzati, restano marginali in Italia. Secondo l’Istat, solo il 4,5% degli occupati nella manifattura lavora in questi comparti (che però generano l’8% del valore aggiunto) mentre nei servizi, gli occupati nel comparto high-tech sono appena il 3%, ma producono il 6% del valore.

Tra il 2019 e il 2024, la crescita dell’industria è stata sostenuta quasi esclusivamente da tre settori: farmaceutico, elettronica e alimentare. Nel terziario, spiccano le attività professionali e tecniche, oltre a informazione e comunicazione.

Un’opportunità da cogliere per le imprese italiane

Di fronte a questo scenario, la direzione è chiara: investire in produttività. Per le imprese italiane, ciò significa:

  • Favorire la crescita dimensionale e la cooperazione tra aziende
  • Sostenere la digitalizzazione e l’automazione
  • Rafforzare la formazione tecnica e manageriale
  • Puntare sui settori a elevato contenuto tecnologico e innovativo

Solo una strategia condivisa tra imprese, istituzioni e sistema educativo può colmare il divario con l’Europa e restituire slancio alla competitività del Paese.