Certificazioni ESG: obbligatoria da gennaio 24

Da gennaio 2024 le grandi imprese dell’Unione Europea saranno obbligate a rendere pubblici i dati sul proprio impatto sociale, ambientale e di governance per ridurre il greenwashing, rafforzare l’economia sociale del mercato e gettare le basi per creare standard di trasparenza sulla sostenibilità a livello mondiale.

Sono questi i temi più caldi del periodo che hanno riunito a Milano imprenditori e professionisti al congresso di Amyralia – società del Gruppo Allcore in partnership con ANDAF, l’associazione che riunisce i CFO delle imprese italiane – per discutere sulle nuove direttive in materia ESG e le loro implicazioni per le aziende e gli investitori. 

 Certificazioni ESG: gli strumenti per capire i criteri

Le certificazioni ESG – Environmental Social Governance – sono diventate sempre più importanti negli ultimi anni, tanto da essere considerate lo standard per valutare l’affidabilità, la sostenibilità e l’attrattiva delle aziende sul mercato, costituendo un valido strumento di controllo e di aderenza alle norme aziendali.

Lorenzo Ait, co-founder del gruppo Allcore e chief-commercial-officer di Amyralia, ha sottolineato durante l’evento che:

“L’adeguamento ai criteri ESG sarà obbligatorio per le aziende dal 2024. Sono norme che riguardano l’impatto sociale, ambientale e quello legato alla governance. Nella pratica, riteniamo che gli imprenditori vanno informati prima ancora che essere normati. È stimato un aumento del fatturato e della competitività del 23%. Quello che dobbiamo fare per gli imprenditori è chiarire bene le normative.”

La tendenza è chiara. Il mercato richiede sempre più spesso la conformità agli indici ESG, in quanto rappresentano un presupposto essenziale per essere competitivi sul mercato nazionale e internazionale. 

Una Società che ottiene una certificazione ESG si è effettivamente dotata di policy, regole e linee guida interne simili ai Codici etici e di condotta, ai Modelli di Organizzazione Gestione e controllo 231 e ai Modelli Anticorruzione o Antiriciclaggio, contenenti veri e propri presidi di controllo efficaci per prevenire episodi di cattiva gestione aziendale. Conquistare una certificazione ESG rappresenta, quindi, un importante elemento aggiuntivo nel sistema di governance aziendale implementato dalla Società.

In tale quadro, come sottolineato da Sarah Canonici, Amministratore Delegato di Cleis, anche il Bilancio di sostenibilità avrà una nuova importanza: “Ci sono dei cambiamenti da effettuare, la comunicazione è fondamentale: il bilancio di sostenibilità è un documento informativo su quanto l’azienda stia facendo oggi e su quello che vorrà fare in futuro”.

Certificazione ESG: ma ancora poche aziende in Italia usano enti terzi

In base al rapporto “Rating ESG delle imprese, asserzioni etiche aziendali e percezione dei cittadini riguardo alle scelte green delle aziende”, condotta su richiesta del On. Tiziana Beghin, eurodeputata (gruppo Non Iscritti) – e presentata nel corso di un talk a Bruxelles presso la sede del Parlamento Europeo –, tuttavia sono emersi dati non rassicuranti:

  • Assenza di standard condivisi: sulla base dei quali valutare le performance delle aziende secondo i criteri ESG e di banche dati pubbliche.
  • Indisponibilità da parte di Enti e Istituzioni: a condividere le informazioni in loro possesso, seppure per mere finalità di studio e ricerca.
  • Assenza di una entità pubblica: che regoli e monitori le certificazioni rilasciate e che garantisca la qualità e l’affidabilità delle informazioni ESG.

 

In estrema sintesi, nell’indagine – che ha coinvolto 500 cittadini italiani e 100 aziende italiane che operano anche in Europa di vari settori e dimensioni – risulta che le imprese italiane non adottano certificazioni di sostenibilità fornite da organizzazioni esterne, e affrontano la rendicontazione della sostenibilità in modo non particolarmente sistematico. 

 

  • L’85% degli intervistati ha affermato che il tema della sostenibilità è guidato dal consiglio di amministrazione.
  • Solo il 39% dichiara di avere un consigliere delegato alla sostenibilità.
  • Il 62,5% delle imprese con meno di 500 dipendenti dichiara di avere un responsabile per la sostenibilità. Di questi poco più della metà 52,83% è part time.
  • Il 65% delle imprese con più di 500 dipendenti dichiara che la DNF non è stata validata da un soggetto esterno
  • Solo il 14% delle aziende ha effettuato un audit basato su un organismo accreditato esterno.

Anche in Europa la tendenza non sembra cambiare: solamente il 25% delle aziende europee dichiara di aver condotto un’audit interno specifico sulla relazione dei criteri ESG; mentre il 70% pubblica un rapporto di sostenibilità basato unicamente su documenti ed elementi prodotti internamente, senza essere soggetto ad alcuna verifica da parte di enti di certificazione esterni.

Dati del genere si vanno a scontrare con le sempre più crescenti preoccupazioni dei cittadini in ambito greenwashing: infatti, ben il 45% dei cittadini europei ritiene che le imprese utilizzino il tema green solo per motivi pubblicitari e di marketing.